L’ARCHITETTO DI DIO di TRENTO VACCA

Barcellona 2019.

Sono dentro o fuori la città? Immerso tra magnolie, gelsomini e camelie sono a Barcellona ma anche in Giappone, Asia e Africa. Vedo scorci di Marrakech nelle palme da dattero in giardino e nella lampada araba appesa al soffitto della sala fumatori di questa magnifica casa, mi sembra di essere dentro la Medina.

Particolare di Casa Vicens

Eppure sono a Barcellona, me lo continuo a ripetere, e me lo ricorda la facciata della casa con i suoi mattoni rossi e le sue piastrelle di ceramica, dove ritrovo tutti i colori della boqueria (1): dei pesci del mare arrivati sulle sue bancarelle a stupire i turisti, della frutta, in guscio, intera, a pezzi, nei bicchieri, frullata, spremuta. E poi dei dolci, la verdura, la carne, i formaggi e la gente, Dio quanta gente! Che a guardarci bene dentro queste piastrelle mi sembra di vederla di nuovo tutta quella gente, brulicante e nevrotica, muoversi nei percorsi da una bancarella all’altra per poi riversarsi sulle Ramblas come le formiche, in fila, nell’andirivieni dalla loro tana.

Sono a Barcellona sì, perché nonostante sono nel quartiere di Gracia sento l’anima della Ribera e l’odore del mare, le prospettive corte del quartiere gotico e il panorama del Montjuic. Persino le oche di Sant’Eulalia che ho visto stamattina nella cattedrale della Santa Croce mi sembra di averle sulla testa, ora, dipinte su questa cupola del primo piano.

Le oche di Sant’Eulalia nella Cattedrale di Barcellona  

                                  

trompe-l’oeil di Casa Vicens

Che strana che è l’arte! Ci sono gli artisti con le loro visioni, che poi trasformano in opere concrete con la tecnica, il sacrificio e la passione e poi mille critici d’arte, che da quel momento fino all’eternità, cercheranno di spiegare cosa hanno fatto questi artisti. Come se quel guizzo di genio venuto da chissà dove si potesse in un qualche modo capire, intuirne l’origine, ricondurlo alla logica e al ragionamento. Nossignore! Quando l’arte è Arte c’è solo lo spazio per la contemplazione.

Nei tuoi confronti Maestro, i critici poi si sono accaniti, perché quella tua potenza di linguaggio capace di parlare a tutti proprio non si riusciva a capire da quale galassia fosse arrivata. E siccome non si trovava parola che potesse esprimere tutta la bellezza che hai creato hanno provato ad inventarsi delle formule: stile mudejar hanno scritto… e anche modernismo catalano. Ma niente, ogni formula, ogni parola creata per spiegare la tua arte impallidisce di fronte alla complessità di casa Batlló, della Pedrera…

Particolare di casa Batlló

Maestro, mi viene in mente un ricordo… il mio Professore di architettura all’università una volta mi ammonì severamente quando al suo cospetto srotolai le tavole del mio primo progetto di una casa unifamiliare con la pretesa di spiegarglielo. “Stai zitto! Tuonò. Il progetto parla da solo, non c’è bisogno che tu aggiunga altro!” Ancora mi pare di sentire il calore salirmi alla testa e le guance rosse dalla vergogna di quel momento. Ecco, ieri sera, di fronte alla facciata della tua casa Batlló ho realizzato in modo assoluto quanta verità ci fosse in quell’ammonizione. Questo, lo considero un altro dei tuoi insegnamenti.

Tutto questo non è stile mudejar né tantomeno modernismo catalano o ancora art nouveaux catalana, no, nient’affatto, so io cos’è. Questo è spirito e sangue di Barcellona impastati nelle murature e nelle piastrelle, nel legno delle travi e nel ferro battuto dei cancelli delle tue architetture. Perché Barcellona sei tu Maestro e tu sei Barcellona, due cose distinte eppure una, proprio come i pesci col mare e uno strumento con la musica.

Ecco Maestro, ora che sono in questa cripta di questa magnifica cattedrale, a cui hai voluto donare tutta la tua vita, e sento forte la tua presenza, ho voluto dirti tutto quello che pensato al cospetto delle tue creazioni, così, sinceramente, per come le ho pensate, per come mi hai ispirato.

Fra poco salirò quelle scale e sarò finalmente dentro la cattedrale e non voglio pensare a niente, voglio tenere la mente e i sensi liberi da tutto per sentire di nuovo il tuo messaggio giungermi dalla pietra scolpita, dai vetri colorati, dalla luce e dalle ombre, dallo spazio che mi avvolgerà e in cui mi voglio perdere, ancora una volta.

Vista dal basso dell’interno della Sagrada Familia

Trento Vacca

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Antoni Gaudì I Cornet riposa nella cripta del Tempio della Sacra Famiglia a Barcellona. Architetto tra i più grandi della storia dell’architettura mondiale ricevette l’incarico di occuparsi della Sagrada Familia nel 1883 a vi dedicò gli ultimi 43 anni della sua vita. Sin dall’inizio si identificò con lo scopo religioso ed espiatorio del Tempio conducendo una vita di preghiera e privazioni. A proposito della lentezza dei lavori con cui procedeva la fabbrica del Tempio ebbe a dire:

“La chiesa cresce poco a poco, ma è normale che le cose destinate a durare a lungo registrino delle interruzioni. Le querce centenarie ci mettono anni e anni a crescere, e talvolta un anno di gelo ne interrompe la crescita; le canne, invece, crescono rapidamente, ma in autunno il vento le uccide e non c’è più nulla da fare”.

La sera del 7 giugno 1926 fu travolto da un tram e non riconoscendolo e giudicandolo povero venne portato all’Ospedale della Santa Croce dove morì tre giorni dopo.

Attualmente è in corso il processo di beatificazione dell’Architetto di Dio, appellativo con cui era noto ai più, e il Tempio a cui ha dedicato quasi tutta la sua vita si prevede possa essere terminato nel 2026.

  • La Boqueria è il mercato più famoso e tra i più antichi di Spagna. Con i suoi 2.583 metri quadrati e con più di 300 bancarelle è uno spettacolo di colori e sapori che lascia senza parole i turisti di tutto il mondo.

Erotica-MENTE

Visione del silenzio
angolo vuoto
pagina senza parole
una lettera scritta sopra un viso
di pietra e vapore
amore
inutile finestra
1

In un bell’articolo su Arte ed erotismo apparso qualche anno fa sulla rivista Artslife l’autore concludeva:

“l’erotismo apre le porte all’amore; l’arte può esserne la chiave.”

L’affermazione, netta e precisa, ha quasi l’autorevolezza di un postulato sull’eros secondo cui erotismo, amore e arte sono dimensioni in relazione tra loro. Anzi, a leggerlo bene, va oltre, arrivando persino a dichiarare il senso stesso di questa relazione: l’amore è il segreto custodito in una stanza, l’eros è l’azione che apre la porta, l’arte la chiave possibile.

Inoltre, sembra suggerire anche un orizzonte di senso per le singole variabili: eros, amore e arte possono esistere indipendentemente da tutto così come esiste una chiave in quanto oggetto, ma che senso avrebbe una chiave che non apre nessuna porta? O l’azione di aprire una porta tanto per aprirla? Il loro valore non dipende forse dalla funzione piuttosto che dall’essere materia o gesto banale?

In questo ordine di idee  eros e arte raggiungono la loro pienezza quando sono entrambi mezzo che apre verso un fine più alto ma la loro affinità è ab origine, perché sono prima di tutto azione mentale… Superando infatti per un attimo la dimensione corporea – che pure dell’erotismo quanto dell’arte è parte centrale e ne rappresenta in un certo senso l’atto conclusivo – possiamo pensare la mente come l’utero in cui l’attrazione, la tensione dei sensi, le intenzioni nascono e si alimentano nutriti dal nostro inconscio, dal nostro intimo, così indecifrabile, così intenso, così inaccessibile.

E sembrano essere state strappate proprio all’inconscio le parole enigmatiche del brano musicale di Caetano Veloso che, con l’incedere lento di una lasciva nenia, affrescano evocative visioni sul tema: l’eros come intenzione che prefigura una storia quando ancora la pagina è senza parole, un’idea che immagina la definizione di un angolo vuoto, una finestra da cui guardare per iniziare a sognare…

INUTILE FINESTRA!

Grida il corpo irrequieto che invece ha sete d’azione, non sa che farsene dell’astrattezza delle visioni mentali, ha bisogno di concretezza, reclama il suo spazio, vuole sudore e vene gonfie, pelle da toccare e vapore da respirare, spinge per completarsi nell’altro in una serie di continui aggiustamenti che mai lo appagano in modo completo e così è sempre lì a chiedere, a cercare, nella sua perenne insufficienza.

Eppure il segreto dell’eros è tutto qui. La mente che sale in alto, altissimo, e il corpo che scende in basso veloce e, nel mentre, l’ebbrezza di ascendere e cadere. È qui che si nasconde l’eccitazione, il piacere; è in quest’alternanza che prende forma una sorta di labile equilibrio, effimero e inafferrabile, che va continuamente ricercato.

È impressa nella mia mente un’immagine poetica e carnale allo stesso tempo di straordinaria potenza estetica  – la più alta tra tutte le incursioni artistiche in ambito erotico incontrate nella mia vita – capace di sublimare appieno questa complessità di significati, e porta la firma del grande maestro Pedro Almodovar.

Victor (Liberto Rabal) ed Elena (Francesca Neri) nel film di Pedro Almodovar Carne tremula del 1997 

L’occhio della telecamera riprende i due amanti che si tengono quasi a voler prolungare il più possibile la loro unione appena dopo la vertigine del piacere. I due corpi sembrano sospesi nello spazio e nel tempo. Lo sfondo è scuro e indistinto, intorno a loro il nulla perché nulla ha significato oltre loro. La donna è completamente abbandonata al corpo del suo amante, si tiene stretta alle sue gambe con un’intensità quasi spirituale, nel suo abbraccio si percepisce tutta l’amorevole cura che solo una donna sa dare. Lui tende il suo corpo come un arco, sostiene l’equilibrio di entrambi e accoglie, fiero, il privilegio del dono completo di lei.

Stilizzando la scena, emerge in modo evidente il richiamo al simbolismo dello yin e dello yang, le due forze opposte che si attraggono e si completano a vicenda sul cui equilibrio si regge l’universo.

Lui è lo yang, il bianco, il sole, il maschile. Lei lo yin, il nero, la luna, il femminile e nel loro abbraccio ecco svelato uno dei più alti concetti della filosofia cinese e cioè che tutto è uno! Perché non esiste bianco senza nero, luce senza buio, parola senza silenzio, passione senza desiderio. E dentro lo yang c’è un puntino di yin e dentro lo yin c’è un puntino di yang. Forse è proprio questo puntino il germe della nostra insufficienza, quella parte mancante che ci portiamo dentro e che ci spinge continuamente a volerci completare nell’altro.

Ecco che allora la scena comincia ad affollarsi di significati e raggiunge il suo climax trascendendo la mera dimensione carnale per elevarsi a filosofia, spiritualità, pura poesia.

Perché l’eros raggiunge la sua pienezza solo quando apre verso un fine più alto. E l’arte…

l’arte può esserne la chiave.

Trento Vacca


  1. Testo della colonna sonora del film “Eros” del musicista brasiliano Caetano Veloso, regia di M. Antonioni, S. Soderbergh, Wong Kar-wai.
  2. Per cogliere l’anima dell’articolo si consiglia l’ascolto del brano musicale proposto nell’incipit, ecco il link: https://youtu.be/yK-ffn6Q0k0