DANNATI CORPI!

ph. Kurt Cobain 

“E sedermi a fumare sulle scale finché il tuo vicino non torna a casa, e sedermi a fumare sulle scale finché tu non torni a casa”. Questa è la “E” frontale di Sarah Kane, drammaturga inglese, in “Crave”, un testo teatrale che va letto d’un fiato, compreso il monologo che ve ne fa parte, una “E” che incalza dentro un tempo asfissiante e compresso di attese, di “azioni” o per meglio dire, ” situazioni desiderate”, lungimiranti di chi non ha tempo e scrive testimone di sé. Ma il “vivere in azioni” in quell’agire che è “reagire” alla vita, resta sconfinato solo e soltanto nell’anima, fino a farsi logoro, esausto, annoiato e sconfitto.

Sedeva sulle scale anche Kurt Cobain, con la stessa “E” che non congiunge e si disperde nell’ animo, oltre i suoi maglioni slabbrati, a farsi trapassare proiettili e inquietudini di bimbo spaurito, a sottrarsi la mente sconfinata, la sua intelligenza emotiva, fino a punirla con un colpo di canna di fucile alla tempia. Lo sento sbattere come corrente forte che chiude l’uscio all’istante dietro le sue spalle, perché in un istante di Sarah e di Kurt è già stato detto tutto, in maniera violenta e sincera. Ascolto cantare Cobain nella sua” All apologies” con un sottile filo di voce come un lamento febbrile “Cos’altro potrei essere

Tutte le scuse

Cos’altro potrei dire

Ognuno è gay

Cos’altro potrei scrivere

Non ne ho il diritto

Cos’altro potrei essere

Tutte le scuse”

E Sarah? Sarah che non ha pace di un amore che le scoppia nell’anima, nelle tempie, che non giunge tra le sue braccia e così fino alla disperata ricerca di se stessa, sola nel corpo e smarrita, ella stessa scriverà, ” Mi mastico questa lingua con cui non posso mai parlarle. Sento la mancanza di una donna che non è mai nata. Sono anni che bacio una donna che mi dice non ci incontreremo mai. 

Tutto passa

Tutto muore

Tutto viene a noia […]

Ci sono tante “azioni desiderate”, tanti tempi da voler riempire, a passi, a gesti mancati verso un amore, l’amore verso se stessa e gli altri; per fare questo ci vuole un corpo sano, ma quello di Sarah resta circo\scritto come un piccolo feto, che non riesce a prendere forma e a veder la Luce. 

” Se potessi liberarmi di te senza doverti perdere” ancora scriverà in Crave e poi riprendendo dal suo monologo di A” […] e tenerti la mano e andare a cena fuori e non farci caso se mangi dal mio piatto e incontrarti da Rudy e parlare della giornata e battere a macchina le tue lettere e portare le tue scatole

[… ] svegliarmi per portarti caffè brioches e ciambella e andare da Florent e bere caffè a mezzanotte […] e portarti girasoli e andare alla tua festa e ballare fino a diventare nero e essere mortificato quando sbaglio e felice quando mi perdoni e guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e l’altro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te […]”.

Mi sovviene una risposta di Patrizia Cavalli a un giornalista che le domandava se l’anima fosse importante, e la Cavalli distrutta dal dolore “fisico” che la limitava da tempo rispose senza esitazione che per lei il corpo era più importante dell’anima, perché è con il corpo che si fanno esperienze, mica con l’anima, ribatteva categorica, anche ella scrive nei suoi versi, 

” È tutto così semplice,

sì, era così semplice,

è tale l’evidenza

che quasi non ci credo.

A questo serve il corpo:

mi tocchi o non mi tocchi,

mi abbracci o mi allontani.

Il resto è per i pazzi.”

Le anime pure sono ferite nel corpo, sono il movimento del pendolo appeso alla parete,  incessante, inquieto, ossessivo, sconvolto dall’abitudine del loro “cuore pensante” come amò definirsi la scrittrice Etty Hillesum deportata ad Auschwitz. 

Avrebbero desiderato un’anima leggera fatto di un gesto quotidiano definito, contro un’anima infinita. Un bacio, uno schiaffo, una carezza, un pensiero comune, tutto in un piccolo palmo del loro essere, chiara superficie del solo intelletto. 

Cobain e Sarah punirono i loro corpi inetti a stare nel mondo per sempre, convinti che la loro anima potesse finalmente vedere la Luce e finire. La leggerezza del vivere puro che fa dell’anima un tempo fermo come una pozza d’acqua dopo un’incessante pioggia a purificare i pensieri e a sconcertare il cuore. Nel testo teatrale di Sarah dal titolo “Purificati” per l’appunto scriverà,

“E se non sento male, è tutto inutile. Pensare di alzarsi è inutile.

Pensare di mangiare è inutile.

Pensare di vestirsi è inutile.

Pensare di parlare è inutile.

Anche pensare di morire è inutile cazzo completamente inutile.”

Buon Corpo Sano a tutti!

Gloria Sannino