Il Poeta e l’acqua santa

La scrittura poetica è il bisogno di tornare a sé, sul filo robusto e sottile che ci connette al suono potentissimo dell’universo.

È la visione onirica ma ad occhi aperti.

È incidere le iniziali per dare il segno del proprio passaggio (Dialoghi con Leucò _Pavese).

Diversamente dalla scrittura in prosa, la sua ispirazione si lascia sedurre con la promessa dell’immortalità, il suo è odore di eternità.

I Poeti scrivono di notte, perché mal sopportano i rumori del giorno. Scrivono di notte per DARE al giorno, quello stesso giorno che ha l’inquietudine della vita, dolce e complicata che non ci calma.

Scrivono di notte per dire al mondo che non è solo.

Scrivono di notte perché stanno bene da SOLI, loro, di notte.

Chi è incapace di vivere in società, o non ne ha bisogno perché è sufficiente a se stesso o è una bestia o è un dio, affermava Aristotele; e sì il buon filosofo pensava al Poeta quando lo ha scritto.

I Poeti sono esseri liberi ma s’imprigionano ad ogni verso, disvelano e s’imprigionano, perché quelli che dicono la Verità, per ironia della cattiva (?) sorte, vengono pesantemente puniti senza condoni.

A cosa serve la Poesia?

A bendare Apate di Pandora e cedere la strada a d’Aletheia e dare più luce al ‘cinico di Sinope’ (Diogene filosofo), quella luce tremenda e necessaria che folgora sulla via di Damasco.

Cosa fa il Poeta?

Cammina nel buio ma ad ogni passo tutto illumina, tutto invera e gli alberi si spostano di fianco a questo divino mistero.

Egli ha fede ma non è che sia proprio fede.

È il primo a fare domande ed è l’ultimo a chiudere la porta.

Tenta qualche risposta che talvolta somiglia al conforto e all’umana resurrezione.

Il buio non lo impaurisce, è la sola cura è nel suo passo. Il suo è passo scalzo, trova scomodo anche il sandalo.

La sua è pelle tenera esposta, calpesta ora la paglia del diseredato, ora i chiodi del Cristo e non si lamenta lui, non si lamenta mai.

E come il folle, lo racconta con le parole del saggio e del divino. Canta il suo dolore illuminato e perdonevole del male, come il figlio devoto al padre, innamorato della madre.

Il Poeta risorge ogni volta che l’uomo avrà peccato o che avrà riparato alla sua irriverenza, perché lui, il Poeta, conosce molto bene i pensieri che nascono nella solitudine dell’ingrato.

Il suo cuore è fermo.

Scrive con la ragione innamorata delle cose, e alle cose cerca i nomi nel sacro disordine.

Al Poeta è chiara la felicità degli infelici ma non ci rassicura, lui è un Cristo battuto che urla a tutti che Dio NON è morto.

Il Poeta guarda sempre verso l’universo che gli è diventato capovolto e maldestro e continua a fecondarlo, infaticabile, di puro desiderio.

Perché la sua religione è la conversione degli atei e dei demoni.

Perché la sua scrittura è sì, acqua santa che bagna la fronte agli arrendevoli, ma si sa…anche il Dio onnipotente ha i suoi piccoli e grandi guai che ogni volta, ogni giorno, su ogni testa non riesce a risolvere.

Antonella VAIRANO